Nel disturbo fonologico il bambino produce i suoni della lingua (i fonemi) ma in modo scorretto e non adeguato alla sua età.
Ad esempio un bambino che a 3 anni dice TASA invece di CASA e CATTO invece di GATTO indica che produce il fonema /k/ (così viene indicato, in trascrizione fonetica, il suono duro del grafema C) ma non in modo corretto, lo utilizza per dire /gatto/ ma non per dire /casa/.
Nella Tabella 1 si possono osservare i dati articolatori normativi, cioè la percentuale di bambini che producono verbalmente un determinato fonema in una specifica fascia d’età.
TABELLA 1
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24-30 mesi |
31-36 mesi |
37-42 mesi |
43-48 mesi |
m mamma |
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n nonno |
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ɲ gnomo |
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p palla |
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b bella |
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t topo |
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d dopo |
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k casa |
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g gatto |
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ts tazza |
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dz zampa |
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t∫ ciao |
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dʒ gelato |
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f fata |
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v vaso |
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s sole |
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z rosa |
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r rana |
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l luna |
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ʎ aglio |
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∫ sciarpa |
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j |
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w uomo |
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<50% |
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50-80% |
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>80% |
Il termine Disturbo Fonologico comprende sia disturbi fonetico-articolatori (dice PESSE invece di PESCE) che fonologici (dice POTO invece di TOPO) in cui si evidenziano problemi di organizzazione linguistica, cioè il bambino evidenzia difficoltà nel mettere in sequenza le sillabe in modo corretto.
Le difficoltà fonologiche influenzano lo sviluppo di capacità morfo-sintattiche e lessicali.
Le limitazioni fonologiche possono ridurre notevolmente il lessico, il bambino spesso produce un gran numero di omonimi (denominano con lo stesso nome cose diverse, ad esempio utilizzano il suono /ciù/ per dire/giù/, /ciuccio/, /non ne voglio più/).
Le difficoltà fonologiche, oltre a compromettere le abilità morfo-sintattiche e lessicali, possono interessare anche le competenze pragmatiche, cioè come il linguaggio è utilizzato in differenti contesti, ambienti o situazioni comunicative.
Il disordine fonologico può avere conseguenze anche su aspetti non linguistici della comunicazione. I bambini che sono coscienti del loro problema linguistico, perché hanno difficoltà a farsi comprendere, possono rifiutare lo scambio comunicativo isolandosi dagli altri bambini oppure reagendo con il contatto fisico (spinte, calci, morsi, ecc).
Come intervenire ?
Se un genitore, un’insegnante, un medico (pediatra, foniatra, otorinolaringoiatra, ecc) riconosce nel bambino delle difficoltà linguistiche il primo passo è eseguire una valutazione logopedica.
La valutazione logopedica è un processo fondamentale per conoscere il bambino e la difficoltà che lo interessa, analizzando le molteplici variabili e il loro peso.
In questi casi è fondamentale osservare la postura della lingua in fare di riposo, mentre il bambino parla (fonazione) e durante la deglutizione.
In questo modo è possibile completare la propria analisi con un bilancio logopedico.
Alla luce dei risultati che emergono dalla valutazione, si evidenziano gli obiettivi terapeutici da perseguire.
Tempi e modalità d’intervento sono determinanti per garantire un servizio efficace (utile alle difficoltà del bambino) ed efficiente (che permetta di raggiungere gli obiettivi preposti ottimizzando le terapie logopediche).
L’approccio è di tipo ecologico, utilizzando materiale ludico (giochi di uso comune) e figurato (immagini che rappresentano suoni, fonemi specifici) per stimolare la produzione e la comprensione del bambino.
Di fondamentale importanza è il ruolo della famiglia, poiché il lavoro impostato durante le terapie deve essere ripresentato a casa per 5 o 10 minuti al giorno, indispensabili per assimilare, apprendere e memorizzare le attività svolte.
A tal fine, durante le sedute, sarà costruito materiale specifico e personalizzato per esaltare i punti di forza e potenziare le aree deficitarie proprie di ogni bambino.
Ogni bambino necessita
del proprio incastro
per raggiungere
l’integrità delle autonomie
linguistiche e comunicative.